
Gestire le raffiche di vento: consigli per una navigazione sicura
Le raffiche di vento fanno battere forte il cuore di molti velisti in crociera. Soprattutto con venti da leggeri a moderati, la barca a vela prende vita e accelera repentinamente. Ma cosa fare quando le raffiche diventano troppo forti?
L’insidia delle raffiche di vento durante la crociera a vela. La superficie del mare cambia aspetto, diventa più scura e sotto il sole una miriade di piccole increspature iniziano a correre. Sono i sintomi di una raffica. In regata ci sono professionisti allenati a capire e comunicare al timoniere l’esatta direzione da cui proviene e i secondi che mancano per sentirne gli effetti.
Con un po’ di tempo e l’abitudine a osservare ciò che ci circonda in mare, anche i croceristi possono imparare a capire cosa sta per accadere e imparare a sfruttare a proprio vantaggio un vento rafficato. Oppure, quando le raffiche sono troppo forti, imparare a difendersi per non finire in straorza.
Capire le raffiche di vento
Le raffiche sono raffiche di vento di breve durata la cui velocità è significativamente superiore alla velocità media del vento. Il Servizio Meteorologico le definisce come raffiche che durano almeno 3 secondi e superano la velocità media del vento di almeno 10 nodi. Raffiche a velocità doppia rispetto alla velocità media del vento sono sempre più comuni. Tale fenomeno è aumentato di recente, probabilmente a causa del cambiamento climatico.
Le raffiche sono causate da correnti d’aria turbolente che possono manifestarsi in diversi due modi:
- Turbolenza dinamica. Terreni con colline o montagne sul lato esposto al vento. Quando il vento colpisce il terreno e gli ostacoli, si indebolisce e si sviluppa turbolenza: una sorta di andamento discontinuo del flusso d’aria, combinato con rapidi cambi di direzione.
- Turbolenza termica. Grandi differenze di temperatura tra gli strati d’aria vicino al suolo o all’acqua e l’alta atmosfera. Se la differenza di temperatura supera un certo livello, la stratificazione dell’aria diventa instabile: l’aria più calda si muove vorticosamente verso l’alto nelle correnti ascensionali, mentre l’aria più fredda in quota scende. Questo movimento ascendente e discendente del flusso d’aria si traduce in raffiche di vento.
Osservare la superficie del mare
L’osservazione della superficie del mare diventa a questo punto basilare per leggere le raffiche che colpiranno le nostre vele. A causa dell’orografia della costa, il vento incontra una serie numerosa di ostacoli: palazzi, colline, qualsiasi cosa si trovi sulla costa influenza l’intensità e la direzione del vento, ed è per questo che andare a vela con il vento che soffia da terra è un po’ più complesso del normale. L’intensità potrebbe passare da 10 a 30 nodi in pochi secondi, la direzione potrà subire salti consistenti, anche di 90 gradi.
Come affrontare una normale raffica
Tutti noi sappiamo che il vento che avvertiamo in navigazione è apparente, ossia la risultante fra il vento vero e quello di velocità. Una volta messe a segno le vele e trovato un buon equilibrio, il timone diventa quasi inutile e per mantenere l’andatura bastano davvero poche e leggerissime correzioni. Sotto raffica tuttavia si ha un brusco aumento del vento reale e qualcosa sconvolge l’equilibrio di bordo. Sulle barche da crociera, infatti, all’improvviso incremento del vento reale non si associa un aumento immediato della nostra velocità. Questa inerzia fa sì che il vento apparente aumenti e si sposti verso poppa dando qualche grado di “buono” ossia offrendoci la possibilità di orzare e guadagnare così acqua sopra vento.
Nella pratica, se stiamo navigando con raffiche contenute, le possiamo sfruttare tutte a nostro vantaggio. Soprattutto se l’incremento momentaneo del vento è nella stessa direzione del vento reale, sarà sufficiente seguire il momentaneo spostamento del vento apparente verso poppa spostando la barra all’orza fino a vedere i primi cenni di rifiuto sul fiocco. Quando l’aumento della velocità della barca, o il mollare della raffica, ci riporteranno nelle condizioni originarie, sarà sufficiente poggiare un po’ per mantenere le vele in assetto. Si tratta di un gioco fra il timoniere e il vento, che raffica dopo raffica ci porterà a guadagnare acqua sopravento evitandoci magari una virata per superare un promontorio o guadagnare l’imboccatura del porto.
Mettersi in sicurezza in caso di raffiche violente
Le raffiche possono essere anche meno “favorevoli” e tali da richiedere una serie di manovre più complesse per essere controllate. Una raffica violenta, oltre a spostare il centro velico verso poppa e rendere la barca molto più orziera, la fa soprattutto sbandare molto, rendendo molto più portante la parte sottovento dello scafo che contribuisce a spingere ancora di più la barca all’orza. Spesso, contrastare con il solo timone questi effetti è impossibile.
Se si vede arrivare una raffica, possiamo anticipare le nostre manovre. La prima azione è quella di orzare fino a far rifiutare un po’ il fiocco stringendo la nostra andatura fino al limite dell’angolo morto. Nello stesso tempo si deve spostare sottovento il trasto per aumentare la svergolatura e aprire soprattutto la parte alta della rada per scaricare la pressione. Di quanto scarrellare? Dipende dall’intensità della raffica ma in ogni caso il timoniere sente sul timone la pressione e sarà lui a chiamare randa fino a quando non avverte che la barca è perfettamente sotto controllo.
Il problema sulle barche da crociera più moderne è che il trasto della randa spesso è poco efficiente per le sue ridotte dimensioni e per la posizione, a volta sulla tuga, quindi rinviato nella zona quasi centrale del boma. In questi casi è più utile agire con la scotta della randa e lascare. Finita la raffica, si potrà lentamente riprendere l’andatura più poggiata, recuperare il carrello verso il centro e cazzare nuovamente la scotta della randa se siamo stati costretti a lascare.
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