Le 6 regole fondamentali di un buon ancoraggio
Ancorare la propria barca in una baia o davanti a una spiaggia riparata dal vento e dal mare è un piacere unico e regala alcuni dei momenti più belli di una crociera. Un ancoraggio da sogno significa concedersi una sublime colazione all’alba, un suggestivo aperitivo al tramonto e una notte sotto le stelle. Tutto questo però soltanto nel caso in cui l’ancoraggio sia di buona qualità e con un’ancora che tiene bene sul fondale. Senza questi elementi, sostare alla fonda può rivelarsi un incubo. Per beneficiare di un ancoraggio di qualità, è importante allora prepararlo con cura e seguire poche ma fondamentali regole.
1- Consultare le carte nautiche
Prima di scegliere una baia per l’ancoraggio e procedere alla manovra è sempre meglio consultare una carta nautica il più possibile dettagliata per studiare le caratteristiche della zona di ancoraggio e soprattutto la natura del fondale. Sulle carte nautiche è sempre riportata la tipologia del fondale che può essere fango, pietre, roccia, alghe o sabbia. La tenuta di un fondale composto da sabbia o fango compatto è in linea generale molto rassicurante (i portolani indicano il termine “buon tenitore”); con ghiaia la tenuta dell’ancora è discreta, mentre con fango troppo duro o alghe è sicuramente a rischio per la difficoltà dell’ancora di penetrare nel terreno, soprattutto quando l’ancora è di peso e dimensioni ridotte. Su fondali marini rocciosi l’ancora molto più spesso di quanto si immagini s’incastra in maniera così tenace da non potere essere più recuperata, a meno di fare un’immersione in apnea. Per tale motivo è consigliabile che il fondale non sia mai superiore a 7-10 metri.
2- Leggere il vento e le correnti
Anche se la zona scelta per l’ancoraggio è ben ridossata, bisogna anche considerare la presenza del vento e delle correnti e la loro inversione, così come l’escursione di marea. Oltre alla scrupolosa analisi del fondale, per un buon ancoraggio è necessario valutare con cura quanto siamo ridossati dal vento di traversia in quello stesso punto, ma anche da una eventuale forte risacca o da una prevista rotazione del vento causata da un mutamento delle previsioni meteo. In una situazione di cambiamento del vento è necessario che la barca possa descrivere attorno alla propria ancora una circonferenza completa avente per raggio una lunghezza pari alla somma della lunghezza della catena più la lunghezza della barca e che attorno a questi 360° non vi siano impedimenti, come per esempio altre barche, secche o bassi fondali. Il comportamento delle altre imbarcazioni in relazione al vento e alla corrente è un’indicazione che ci aiuterà a convalidare le vostre scelte.
3- Scegliere l’ancora giusta
Sono numerosi i tipi di ancore progettate per una tenuta migliore, a seconda della natura del fondale, ognuna delle quali di un peso proporzionale al dislocamento della nostra imbarcazione. Generalmente le ancore da sabbia e ghiaia sono caratterizzate da marre di grande superficie per opporre più resistenza alla trazione; per il fango compatto o roccia sono più appropriate quelle a marra più sottile e unghia più grande e robusta. L’ancora più usata dai diportisti è la classica “ammiragliato” che se vogliamo è alquanto ingombrante e pesante ma è ottima per qualsiasi fondale, anche se sulla sabbia a volte potrebbe arare. Molto diffusa è anche l’ancora a vomere di medio ingombro, tipo la Cqr o la Delta e di buona tenuta su sabbia, ghiaia e fango ma precaria su fondi rocciosi. Un’ancora molto valida è infine la Bruce che originariamente era nata come ancora speciale delle petroliere che davano fondo nel mare del Nord, per poi diffondersi sulle barche da diporto per la sua peculiare proprietà di affondare saldamente nella sabbia e nel fango ed avere una tenuta molto più consistente delle altre a parità di peso e lunghezza di catena.
4- Procedere all’ancoraggio
Una volta giunti sul posto prescelto per l’ancoraggio e quindi già analizzati tutti gli elementi dei quali dobbiamo tenere conto, se c’è brezza ci disponiamo prua al vento e con tutte le manovre in chiaro diamo fondo all’ancora facendola scendere velocemente sotto il controllo dell’equipaggio. Se il vento è assente, osserviamo la disposizione delle altre barche già ancorate per disporci nella stessa direzione, dopodiché si manovra in retromarcia lentamente e si continua a dare calumo fino alla lunghezza considerata. Poi si blocca la discesa e si procede in retromarcia con più forza affinché l’ancora affondi; si verifica in questo modo se l’ancora come si dice in gergo marinaresco “ha fatto testa”. Una volta eseguita l’operazione, a ulteriore conferma della tenuta facciamo da un punto della barca, e sempre quello, due o tre rilevamenti, e sempre quelli, a terra. Se dopo 10 o 15 minuti la situazione non cambia, possiamo dedicarci al nostro relax.
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5-Usare il grippiale
Per recuperare con certezza la nostra ancora, anche su fondali insidiosi come le rocce, è buona norma collegare al diamante dell’ancora un cavo chiamato “grippia” sufficientemente robusto da poter spedare in senso contrario a quello che è servito per ancorarsi. L’altro capo della grippa sarà collegato a una boetta che in superficie ci indicherà la posizione dell’ancora sul fondo e dalla quale inizieremo la manovra di recupero.
6- Controllare la posizione della barca
Prendete dei riferimenti a terra (alberi, case, scogli, torri, etc.), preferibilmente al traverso, per controllare che la barca mantenga la posizione e di tanto in tanto rifate un check. Come accorgersi che un’ancora ara? Poggiando il piede sul cavo-catena o tenendolo in mano: si avvertiranno gli strattoni mentre l’ancora viene trascinata sul fondo. Un’ancora ben sprofondata non scuoterà il cavo-catena. Qualora invece l’ancora continui ad arare, occorre salpare e ricominciare daccapo tutta la manovra di ancoraggio.